Palazzo Madama chiude

La Repubblica ha bisogno di una riforma più grande

Il testo approvato definitivamente al Senato di riforma costituzionale presenta inevitabili aspetti controversi. La riprova è stata data qualche settimana fa dallo stesso ministro Boschi in un intervista al Corriere della sera in cui parlava della necessità di un completamento. Tutto il percorso di riforma costituzionale imboccato dai tempi della Bicamerale D’Alema è nel complesso controverso. Nel ’99, il governo Amato procedette a una riforma a maggioranza del Titolo V che lo stesso Amato oggi disconosce. Il centrodestra, nella legislatura successiva propose un testo di riforma che ebbe il sostegno alla Camera dall’onorevole Nucara e al Senato del senatore Del Pennino, con tutte le riserve del caso. Quel progetto di riforma è complessivamente lo stesso che ha perseguito il governo Renzi, tanto è vero che il patto del Nazareno prima di essere messo in discussione lo contemplava. Anche il centrodestra aboliva le competenze del Senato in senso monocamerale, solo che non aveva avuto il coraggio di modificarne l’elezione in un modo tale da sopprimerlo integralmente. Il monocameralismo, ovviamente non può essere un problema per una forza repubblicana. La monarchia costituzionale pretende l’istituzione di una seconda Camera, nella quale vengano letti i lord o i pari di Francia. La Repubblica, appena viene instaurata, la sopprime. Evidentemente nel 1948 in Italia, i sentimenti monarchici erano più forti di quello che si voleva far credere comunemente. Un difetto della riforma Renzi è il modo in cui viene abolito il Senato, dato che in realtà a Palazzo Madama si raccoglieranno governatori di Regione e sindaci, con poteri sulle leggi locali sufficienti a creare un contrappeso disomogeneo all’azione del governo su temi importanti della vita pubblica. Molti parlano di dittatura alle porte, piuttosto ci sarebbero da temere i sintomi dell’anarchia. Per il resto il disegno del governo razionalizza gli aspetti problematici del titolo V, cancella le Province e merita un giudizio meno aspro di quello che pure si pronuncia spesso a sproposito. Il problema di fondo è un altro, e cioè che dal 2001 si cerca di portare a capo una riforma costituzionale senza esserci mai riusciti. Se fallisse anche questa, la prossima maggioranza si ritroverebbe davanti la stessa questione e già oggi sono passati 15 anni. Se invece non fallisce, il problema dell’assetto costituzionale del Paese resta comunque irrisolto. Modifiche costituzionali introdotte surrettiziamente iniziano già dal 1993, con la revisione dell’articolo ’68, e oggi il presidente del Consiglio si trova a dover discutere con l’associazione nazionale magistrati, nemmeno fosse una forza di opposizione. Lo stesso sistema elettorale maggioritario, ha modificato di fatto e profondamente, le competenze del Capo dello Stato. A fronte di tutto questo, la riforma di Renzi è una piccola riforma, poco significativa, come lo era altrettanto quella di Berlusconi. La Repubblica ha bisogno semmai di una Grande Riforma.

Roma, 13 aprile 2016